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PROFUMI. NUOTATORI CHE SANNO DI CLORO

 

PROFUMI – NUOTATORI CHE SANNO DI CLORO

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Rimane sui capelli di nuotatori e nuotatrici, si nasconde nei loro borsoni e resta appiccicato alla loro pelle finché una doccia potente non lo lava via … l’odore di cloro è il segno di riconoscimento di tutti coloro che passano più tempo in piscina che a casa e spesso diventa quasi una droga cui gli appassionati di nuoto non possono fare a meno!

“Di tutti i sensi, l’odorato è quello che mi colpisce di più. Come fanno i nostri nervi a farsi sfumature, interpreti sottili e sublimi, di ciò che non si vede, non si intende, non si scrive con le parole? L’odore è come un’anima, immateriale.”

Così Marcel Hanoun parlava dei profumi … e come dargli torto? A me i profumi hanno sempre affascinato: riescono a trasportarti come per magia in qualsiasi luogo: il profumo del fieno secco mi riporta alle estati passate in montagna quando ero piccolo, il profumo della colla mi riporta agli anni della scuola elementare e quello del glicine mi riporta al giardino di casa in primavera … poi c’è lui, il profumo di cloro, così intenso che riesce a invadere tutto il tuo corpo non appena metti piede in piscina.

Non vi è mai successo di sentire il profumo di cloro fuori dalla piscina? Magari al supermercato o in mezzo a una strada affollata. Ogni tanto mi capita e improvvisamente sul mio volto compare un sorriso. Il profumo di cloro mi teletrasporta in piscina: se l’odore è come un’anima immateriale, l’odore di cloro è l’anima del nuoto. Così simili, il nuoto e il profumo di cloro, allo stesso modo inafferrabili, sottili, sublimi. Il cloro è un po’ come il sale nell’acqua del mare, che si appiccica alla pelle e ti dà quella strana sensazione quando esci … sì, mi direte che si può anche nuotare in acque dolci, ma non è la stessa cosa.

Il cloro rende unica e irripetibile l’esperienza del nuotare. E’ il primo contatto che hai con l’acqua mentre sei sul blocco: senti che questo profumo pervade il tuo corpo anticipandoti quella sensazione di gioia e benessere che il nuoto completerà. Può passare una settimana o due, poi inizierai a sentirne la mancanza, così ti capiterà di passare in piscina solo per prendere una bocccata di cloro … e allora capisci che il nuoto – e il cloro – hanno totalmente preso possesso della tua vita.

 




Swimming Story

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Swimming Story di Barbara

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“Ci sono alcuni che si innamorano del nuoto da bambini. Altri che per qualche motivo iniziano a odiarlo, ma poi ritrovano l’amore perduto. Infine ci sono certi che nuotando scoprono un amore che era rimasto sempre nascosto. Io ho sempre amato l’acqua, ma  la mia storia col nuoto inizió col piede sbagliato.

Erano gli anni Novanta, partecipavo al corso delle elementari. Ricordo l’odore pungente di cloro. Un continuo far vasche, ignorando la tecnica. Ricordo la stanchezza, la nausea, e la fatica a respirare. Il dolore dopo aver sbattuto la faccia sull’acqua dopo un tuffo dal blocchetto – quando non sapevo tuffarmi. L’ istruttore arrabbiato, e la sua ossessione per lo stile libero – mentre la mia passione era la rana. Arrivai a fingermi malata, pur di non fare il corso che odiavo.

Passarono gli anni. Durante l’estate facevo qualche vasca nella piscina del condominio, ma di corsi non ne volevo sapere. Guardai le Olimpiadi di Sydney in tv, rimasi affascinata dalla fluidità e naturalezza del movimento di nuotatori come Thorpe, Fioravanti e Popov. Mi trasferii in Australia per l’Università. La piscina divenne un luogo dove fuggire dallo stress e rilassare la mente. Su suggerimento di un mio amico, nuotatore elite, mi iscrissi ad un corso di “stroke correction” dove gli istruttori fantastici mi ribaltarono la tecnica. Passai più tardi ai Masters.

Cosí, alla veneranda età di 25 anni, gareggiai nella mia prima gara, 50m rana. Crampi allo stomaco, adrenalina alle stelle! Poi la partenza, e tutta la tensione si sciolse nell’acqua. Il nuoto divenne una grande passione, mi rendeva felice. Sognai di gareggiare ai Mondiali Masters, ma ero ancora troppo lenta. Quante volte la sveglia scattava alle 4:30 del mattino e pensavo “noooo!”. Volevo restare a dormire, ma mi trascinavo dal letto per andare in vasca, ancora buio pesto, per poi trascorrere 12 ore al lavoro, spesso con i muscoli dolenti. Ma questa volta non c’era più un pessimo istruttore. Il mio team era il mio supporto, i miei coach le guide, l’acqua mia amica, ed IO ero in controllo.

Alla fine mi trovai lí, in una atmosfera surreale, ai Mondiali Masters di Montreal. Disintegrare i miei tempi personali nella rana fu la ricompensa alla lunga preparazione! Vi furono momenti di tristezza nel pensare cosa avrei potuto raggiungere se avessi iniziato a gareggiare da piccola. Mi conforta quello che disse Ian Thorpe, “Perdere non significa arrivare secondo. É uscire dall’acqua sapendo che avresti potuto fare meglio”.

Con la determinazione, sto ancora migliorando e mentre scrivo questo, mi preparo ai prossimi Mondiali Masters. Bisogna sempre dare il meglio di se stessi. In questo modo, sarai sempre un vincitore, nel nuoto e nella vita.”

 

– Barbara




ATLETA e ALLENATORE: una CASSAFORTE e la sua COMBINAZIONE

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Posted by nuotounostiledivita

Chiunque abbia nuotato a livello agonistico ha avuto un allenatore: troppo severo o eccessivamente amichevole, vecchio e simpatico o giovane e noioso, ci sono un’infinità di diverse categorie di allenatori; ciò che li accomuna è il ruolo chiave che essi svolgono (spesso dimenticato o sottovalutato) in grado di portare al successo (o all’insuccesso) del nuotatore.

Energia, autorevolezza, determinazione, capacità comunicativa, e conoscenze tecniche sono solo alcune delle qualità che un buon allenatore deve possedere. Di fatto quello dell’allenatore è un ruolo fondamentale nella formazione di un atleta, a livello fisico, tecnico e psicologico, insomma, allenare non è affatto semplice; citando Ferguson:

“Allenare significa affrontare una serie infinita di sfide: la maggior parte di esse ha a che fare con la fragilità dell’essere umano.”

Sì, perché tra un buon allenatore e un buon atleta si crea un legame sentimentale e di fiducia reciproca: alla base di una buona sintonia vi deve essere un rapporto che permette di superare anche i momenti più bui e difficili. Una delle fondamentali caratteristiche di un allenatore è avere una profonda comprensione empatica dell’atleta: deve essere in grado di comprendere quello che l’atleta sta provando, quali sono le sue sensazioni e i suoi pensieri, così che sia in grado di aiutarlo nel momento della necessità.

Alcuni sostengono che il ruolo degli allenatori sia semplicemente quello di allenare gli atleti facendo in modo che raggiungano i propri obiettivi, e sebbene questa definizione non sia strettamente errata, è estremamente superficiale e nasconde quello che è il vero difficile compito di un allenatore. Perché il coach ha la responsabilità di educare i nuotatori, ha l’arduo compito di far nascere in loro un costruttivo atteggiamento critico delle proprie performance, è colui che deve scoprire e mostrare al mondo le potenzialità di un nuotatore, deve essere un maestro il cui ruolo è quello di insegnare tecniche e strategie, deve essere in grado di incoraggiare e correggere, sgridare e aiutare.

L’allenatore incarna allo stesso tempo il poliziotto buono e quello cattivo, è contemporaneamente un padre, un maestro e un amico; il rapporto tra allenatore e atleta è uno di quei rapporti magici che caratterizzano il genere umano: perché il nuotatore non è semplicemente qualcuno che ti dice cosa fare, è molto, molto di più.

Concludo con un doveroso ringraziamento a tutti i miei allenatori (senza distinzione alcuna), perché mi hanno reso il nuotatore che sono oggi, e dedico a tutti voi (nuotatori e allenatori) una frase che ho scritto rivisitando due citazioni a me molto care (la prima di Mohamed Dalì, la seconda di Bob Bowman):

“campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, ma per raggiungere il tuo obbiettivo hai bisogno di qualcuno che creda in te, che si metta in gioco e veda in grande dentro i tuoi occhi e dentro le tue bracciate. L’allenatore non è semplicemente quello che sta di fianco al blocco e ti dice cosa fare. Un allenatore diventa un po’ come un papà, a volte buono a volte cattivo, che ti urla addosso quando hai bisogno di una scossa e che ti abbraccia quando sa che ce l’hai messa tutta. L’allenatore diventa il tuo migliore amico in vasca, quello che ha sempre le parole giuste e gli allenamenti più duri, si dice che il 95% del risultato sia dell’atleta, dovuto alla sua maturità psico-fisiologica, ed il 5% dell’allenatore. Però questo 5% ha un peso impressionante: l’atleta e l’allenatore sono come una cassaforte e la sua combinazione.”