Da dove arriva lo stile a farfalla

delfino

Da dove arriva lo stile a farfalla

Cioè quello in cui Michael Phelps ha vinto due delle sue ultime medaglie: fino agli anni Trenta non esisteva

Il 9 agosto il nuotatore statunitense Michael Phelps, l’atleta con più medaglie d’oro nella storia delle Olimpiadi, ha vinto la medaglia d’oro nei 200 metri farfalla, da sempre considerati la specialità in cui è più forte e di cui detiene il record del mondo dal 2001. I video in cui Phelps e gli altri atleti nuotano usando lo stile a farfalla sono piuttosto impressionanti per via dei movimenti di braccia e gambe: sono molto più ampi di quelli del crawl, cioè di quello che è comunemente chiamato “stile libero”. Lo stile a farfalla (anche noto come stile a delfino) è l’ultimo che viene insegnato ai corsi di nuoto perché è molto difficile impararne la tecnica; bisogna avere molta forza, sia nelle braccia che nelle gambe, e un buon senso del ritmo per coordinare i movimenti degli arti. A chi lo prova la prima volta sembra quasi di affogare. Il New Yorker ha ricostruito la storia dell’invenzione dello stile a farfalla, che più o meno risale agli anni Trenta, e ha spiegato come mai è stato ideato in questo modo.

Non esiste un unico inventore dello stile a farfalla: i movimenti delle braccia e quelli delle gambe furono inventati indipendentemente gli uni dagli altri e abbinati in un secondo momento. Di sicuro l’invenzione non avvenne prima degli anni Trenta, quando molti nuotatori erano impegnati a trovare una tecnica di nuoto che permettesse di raggiungere velocità maggiori rispetto a quelle rese possibili dallo stile a rana, muovendo le braccia fuori dall’acqua invece che sotto. Nello stesso periodo fu inventato anche il crawl, che poi si rivelò lo stile che consente di andare più veloci: per questa ragione è l’unico a essere usato nelle gare a stile libero, in cui teoricamente si potrebbe usare un qualsiasi stile, (da qui il nome “stile libero”).

L’organizzazione no profit di promozione dell’insegnamento del nuoto International Swimming Hall of Fame attribuisce l’invenzione del movimento delle braccia nella farfalla – composto di caricamento, spinta e richiamo – all’australiano Sydney Cavill, mentre secondo altri il primo a usarlo fu il tedesco Erich Rademacher o ancora l’americano Henry Myers. Nel 1927 Rademacher abbinò il nuovo movimento delle braccia a quello delle gambe che si usa nella rana, mentre Myers lo usò in una gara che si svolse a Brooklyn, negli Stati Uniti, nel 1933: i giudici di gara furono stupiti dalle sue bracciate, ma non lo squalificarono e Myers vinse. Il movimento delle braccia che si usa nella farfalla è più faticoso di quello della rana e richiede una coordinazione maggiore, ma consente di andare più veloci.

 

Il movimento delle gambe ha un’altra genesi. Negli stessi anni il fisico e appassionato di nuoto Volney Wilson studiava i movimenti che pesci e mammiferi acquatici fanno mentre nuotano osservando gli animali presenti all’Acquario Shedd di Chicago. Nell’estate del 1934 Wilson – che poi lavorò al Progetto Manhattan per la costruzione delle prime bombe atomiche – notò che mentre i pesci nuotavano muovendo la coda da un lato all’altro, i mammiferi come balene e delfini la muovevano dall’alto al basso. Così iniziò a nuotare con il movimento delle gambe noto appunto come “gambata a delfino”. A sua volta abbinò questo nuovo movimento alle bracciate tipiche della rana. Wilson provò a rendere popolare la sua invenzione facendo delle dimostrazioni ai raduni di nuoto, ma nel 1938 fu squalificato alle prove di qualificazione per le Olimpiadi del 1940 (che non si svolsero a causa della Seconda guerra mondiale) perché la sua tecnica fu considerata contraria alle regole.

Wilson non riuscì nel suo tentativo di diffondere l’uso della gambata a delfino e spesso la sua invenzione viene invece attribuita a David Armbruster, che insegnò nuoto all’Università dello Iowa dal 1917 al 1958. Secondo l’International Swimming Hall of Fame, Armbruster iniziò a usare il movimento nel 1911 dopo averne visto una dimostrazione da parte di George Corsan, l’uomo considerato responsabile della diffusione del nuoto negli Stati Uniti grazie al suo lavoro di istruttore per l’organizzazione Y.M.C.A..

 

Non si sa bene quando la gambata a delfino fu abbinata alle bracciate usate da Cavill, Rademacher e Myers. Secondo l’International Swimming Hall of Fame il merito per aver reso popolare il nuovo stile va al giapponese Jiro Nagasawa, che nel 1945 battè il record mondiale con la farfalla. Lo stile fu però riconosciuto ufficialmente col nome attuale dalla Federazione Internazionale di Nuoto nel 1954. È stato accettato come disciplina olimpica a parte nel 1956, per le Olimpiadi di Melbourne.

 




8 MOTIVI per FIDANZARSI con una NUOTATRICE

Giada-Galizi - Modificata

8 MOTIVI per FIDANZARSI con una NUOTATRICE

Posted by nuotounostiledivita

Per molti il fisico statuario dei nuotatori è considerato un simbolo di bellezza e perfezione. Ma che dire delle nuotatrici? Sportive, sempre profumate di cloro, hanno – come tutti i nuotatori – un’innumerevole serie di qualità. Abbiamo deciso così di elencare 8 vantaggi cui ognuno di voi (nuotatori e non) avrebbe, fidanzandosi con una nuotatrice.

  1. SONO CAPARBIE

Le nuotatrici non si arrendono facilmente: una volta posto un obiettivo lo perseguono con tenacia e ostinazione superando vari ostacoli e difficoltà. Per questo non manderanno all’aria la vostra relazione a causa di litigate per futili motivi.

  1.  HANNO UN (vero) FISICO ATLETICO

Come i loro colleghi maschi, anche le nuotatrici hanno una straordinaria corporatura tonica e muscolosa: se facessero un profilo Instagram farebbero altro che concorrenza alle Fashion-blogger che fingono di andare in palestra (ma le nuotatrici sono modeste, quindi non lo fanno). Grazie al nuoto il loro corpo è anche incredibilmente flessibile: quando il telecomando cade sotto il divano, va beh possono poi prenderlo loro …

  1. SAPRAI SEMPRE COSA REGALARLE

Solitamente fai fatica nel trovare i giusti regali per la tua ragazza? A una nuotatrice basterà regalarle una nuova cuffia o un nuovo costume e la renderai la persona più felice sulla faccia della terra. Facile, no?

  1. ACCETTANO LE CRITICHE (se costruttive)

Tra i diversi insegnamenti del nuoto, uno fondamentale è che per affinare la tecnica e la nuotata bisogna sempre accettare le critiche. Anche all’interno di una relazione le nuotatrici tendono ad essere aperte al confronto e sono sempre pronte ad osservare criticamente il proprio comportamento, così da migliorarlo.

  1. NON DOVRAI SPENDERE SOLDI per REGALARLE PROFUMI

Le donne e i loro profumi, si sa. Se è vero che ogni ragazza ha il suo profumo – che naturalmente costa moltissimo – questo non vale per le nuotatrici. Il loro profumo è il cloro e lo indossano praticamente tutti i giorni della settimana h24. Non serve spendere soldi per profumi di marca: ti basterà comprarle un nuovo abbonamento per la piscina … (sì, questo punto ha svariate controindicazioni, ma ne parleremo un’altra volta)

  1. NON HANNO PAURA di SPOGLIARSI

Hai paura di trovare una ragazza timida e poco sicura? Le  nuotatrici sono abituate a stare mezze-nude: loro passano più tempo in costume che vestite. Questo porta a un altro fondamentale motivo per cui ognuno dovrebbe fidanzarsi con una nuotatrice: loro in primavera non sono ossessionate dalla prova costume, cosa non da poco.

  1. POTRETE VEDERE alla TV lo SPORT ASSIEME

Il sogno di ogni ragazzo, vero? Forse non sono attratte proprio da qualsiasi sport, tuttavia alle nuotatrici – come in generale a tutti gli sportivi – piace vedere lo sport alla tele. Le nuotatrici si emozionano quando vedono colleghi e atleti di altre discipline che raggiungono e superano i propri limiti.

  1. NON PERDERETE TEMPO LITIGANDO

Non ne perderete di tempo, perché proprio non avrete  tempo per litigare assieme: di giorno passano la maggior parte del tempo in piscina e la sera non hanno minimamente le forze per lanciarsi in stupide litigate. Non male, vero?

ATTENZIONE: volevamo mettere in chiaro che non ci assumiamo nessuna responsabilità giuridico-morale se la nuotatrice con cui vi fidanzerete non risponderà a pieno alle caratteristiche da noi elencate.

 




Come uscire dalla crisi del pessimo rientro in vasca dopo le vacanze natalizie!

 

grasso - Modificata

Un allenamento andato male non deve condizionare il cammino di un nuotatore, ecco come fare per rialzarsi

La ripresa degli allenamenti dopo il periodo di vacanza natalizia è stato un vero shock? Il rientro in vasca dopo le festività natalizie sembra a molti un pericoloso dietro front nella propria preparazione atletica e forma fisica (ormai tendente a quella di un lottatore di sumo più che a quella di un nuotatore). Eppure l’esame di coscienza lo avete superato con una mesta sufficienza, un paio di pasti “all you can eat” e qualche calice di prosecco o di spumante per brindare al nuovo anno non dovevano portare troppi danni.

Lo zaino pronto di prima mattina, una notte di sonno tranquilla e dritti verso la piscina per iniziare, lì dove ci si era fermati, carichi per i prossimi appuntamenti in gara. Appena dopo il tuffo in acqua però, ci si sente fuori dal proprio corpo: braccia e gambe sembra che si muovano a vuoto e per di più i tempi di ripresa sono lunghissimi, quando fino a qualche giorno fa si erano nuotati i migliori tempi in allenamento. Cosa succede? Il tanto temuto ritorno in acqua ha regalato il peggior allenamento della stagione e non si ha la minima idea di come possa essere accaduto!
Se è capitato anche a voi, ci sono delle buone notizie. Innanzitutto, è finito e poi, da un pessimo allenamento si possono trarre soltanto spunti di lavoro. Qualsiasi cosa sia successa in acqua, ora l’avete ben stampata in testa e dovete solo lavorare per non farla accadere più.
Da un brutto allenamento ci si riprende, da più allenamenti sbagliati no, quindi rimbocchiamoci la cuffia ed analizziamo i punti dai quali ripartire immediatamente.

Non colpevolizzarsi troppo
Soffermarci troppo su un allenamento andato male vi condizionerà psicologicamente e porterà  inevitabilmente altre negatività nell’allenamento successivo. Continuare a sbatterci contro la testa non migliorerà le cose se non si decide a cambiare e a riprendersi più velocemente possibile.

Usare gli sbagli come punti di partenza per cambiamenti positivi
Se ci si sente costantemente un pesce fuor d’acqua durante gli allenamenti, è il momento di apportare alcune modifiche. Quali sono le circostanze che stanno portando a quelle sessioni negative in piscina? Si dorme abbastanza? Oppure si ha semplicemente bisogno di adottare una nuova prospettiva o punto di vista differente quando ci si avvicina ad un duro allenamento? Qualunque sia il caso non lasciamo che cattive abitudini portino ad allenamenti dai quali non sia possibile trarre dei benefici.

Ascoltare il corpo
Il corpo ci parla continuamente (Foto: Al Bello / Getty Images). Se si migliora in acqua, lo specchio riflette inevitabilmente la progressione. Se non si percepisce più un reale senso di miglioramento, se ci si sente costantemente debilitati o non si vedono cambiamenti nel proprio corpo, allora qualcosa non va. Abbiamo imparato a percepire lievissimi miglioramenti nel tono muscolare, nella resistenza in acqua ed il nostro fisico ha sempre reagito in un senso o nell’altro. Ascoltare il nostro corpo in maniera sincera è il primo passo verso il cambiamento. Assicurarsi la giusta nutrizione ed idratazione pre e post work out, mangiare pasti ben equilibrati per il resto della giornata e, soprattutto, dare al corpo il tempo di recuperare con il giusto riposo notturno. Le notti a festeggiare Natale e Capodanno sono ormai un ricordo, non facciamone un’abitudine.

Tenere traccia degli tuoi allenamenti
Scrivere ed appuntarsi quello che si fa con relativi riscontri cronometrici è un buon modo per studiare e comprendere appieno quali sono i progressi o eventualmente regressi trovati. Quante volte ci si ricorda il giorno dopo delle serie eseguite la sera prima in piscina? Solo la memoria può non bastare. Abbiamo bisogno di dati, di riscontri scritti, di vedere con i nostri occhi nel corso delle settimane se il duro lavoro paga o meno in termini di miglioramento della condizione fisica e delle prestazioni. La tecnologia in questo può essere un valido supporto. App pensate per monitorare gli allenamenti, apparecchiature hi-tech che rilevano ogni bracciata e ogni vasca memorizzando le singole sessioni possono essere un validissimo compagno di allenamento.

Reset
Non fossilizzarsi, ma resettare, lasciar perdere. Hai avuto un pessimo allenamento? Hai addirittura pensato di abbandonare perché non ti senti bene in acqua? Ci saranno momenti in cui uno o anche più allenamenti sbagliati ti faranno pensare che quello sbagliato sei tu. Ma il corpo umano è fatto di meccanismi fisiologici complessi che operano in un dato momento e non sempre riusciamo a dare una spiegazione logica a tutto quello che ci capita. A volte riesci ad individuare con precisione dove hai sbagliato: una cena troppo pesante, una giornata troppo stressante, una notte fuori con gli amici, un bicchiere di alcool di troppo. A volte le motivazioni non arrivano dall’esterno e sembra tutto incomprensibile.
Lascia perdere. Prima che si trovino tutte le risposte è già il momento di rituffarsi in acqua ed in quel momento si può solo rendere un brutto allenamento nell’allenamento migliore della nostra vita.