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UN ARTICOLO CHE NON AVREMMO MAI VOLUTO SCRIVERE

UN ARTICOLO CHE NON AVREMMO MAI VOLUTO SCRIVERE

Di nuotounostiledivita

“Il Tribunale nazionale antidoping ha squalificato per quattro anni Filippo Magnini per la violazione dell’articolo 2.2 del codice WADA (World Anti-Doping Agency) per tentato uso di sostanze dopanti.” La sentenza è stata emessa ieri pomeriggio e io ci ho messo un po’ per metabolizzare la notizia, passando attraverso differenti stati d’animo: delusione, rabbia, amarezza. Poi ho deciso di prendere cuffia e occhialini e sono andato a nuotare e ho realizzato una cosa in particolare: a prescindere dalla condanna, il nuoto italiano da questa situazione esce sconfitto. Ecco perché questo è un articolo che non avrei mai voluto scrivere.

Il Tribunale nazionale antidoping ha squalificato per quattro anni Filippo Magnini per la violazione dell’articolo 2.2 del codice WADA (World Anti-Doping Agency) per tentato uso di sostanze dopanti. La sentenza arriva a conclusione dell’indagine antidoping che si è mossa dall’inchiesta penale della Procura di Pesaro sul medico Guido Porcellini (ex dietologo e mentore del capitano del nuoto azzurro). L’atleta azzurro è stato invece assolto dai seguenti capi:

Favoreggiamento (articolo 2.9)

Somministrazione o tentata somministrazione di sostanza vietata (articolo 2.8)

In questo articolo, però, non ricostruirò passo l’indagine che ha portato alla condanna di Re Magno (POTETE LEGGERE LA RICOSTRUZIONE QUI), bensì proverò a dare un commento a questa triste vicenda che rischia di andare a macchiare in maniera indelebile il nuoto italiano.

Io con Filippo Magnini ci sono cresciuto: avevo 10 anni quando ha vinto il primo oro, velocista io e velocista lui, è stato sempre un esempio da seguire, un idolo da imitare. Lui, storico capitano della nazionale azzurra, ha fatto crescere un’intera generazione di nuotatori… e non è un caso che sia stata proprio una sua foto la prima immagine profilo della nostra pagina Facebook.

Insomma, quando ieri ho letto la sentenza è stata una sberla… ma la delusione ha presto lasciato spazio alla rabbia leggendo i titoli degli articoli che sono iniziati a uscire a raffica sul web: “dannazione, non si parla mai di nuoto e oggi deve essere in prima pagina ovunque” è stato il mio pensiero fisso per tutta la serata. Poi ho deciso di analizzare la questione in modo razionale, traendo alcune conclusioni.

Partiamo dalle parole di Filippo Magnini di ieri pomeriggio: “È una sentenza che era già scritta e per questo sono incazzato nero. Il procuratore Laviani mi ha detto a processo sbattendo i pugni sul tavolo: `Basta, ormai è una questione personale´. Parliamo di un accanimento, di una forzatura. Non ci sono prove, anzi le prove dimostrano il contrario. Faremo sicuramente ricorso”.

Ma è davvero così?

Nella sentenza di ieri non si parla né delle presunte sostanze che Filippo Magnini avrebbe tentato di utilizzare, né ci sono prove che abbia avuto effettivamente con sé sostanze dopanti che avrebbe poi potuto tentare di utilizzare, né tanto-meno vengono presentate prove circa l’utilizzo effettivo di sostanze dopanti. Anzi, la maggior parte delle prove sembrano remare contro a queste supposizioni. Le prove presentate dalla Procura sono esclusivamente delle intercettazioni, e nello specifico:

un colloquio di Magnini con Santucci sulla fornitura di certi “funghi”;

la richiesta a Guido Porcellini di inviargli certi “dati per il mio amico”;

una frase – contestata nell’interrogatorio di aprile – in cui Magnini, rivolgendosi a Santucci, parla dell’inutilità di andare al Mondiale senza assumere i prodotti indicati dal medico amico (fonti/approfondimenti)

Facciamo il punto: l’articolo 2.2 del codice WADA è chiaro e si riferisce sia al consumo sia al tentato consumo di sostanze dopanti. Filippo Magnini è stato quindi squalificato per 4 anni per tentato consumo di sostanze dopanti.

4 anni

Veniamo alla pena: una squalifica di 4 anni. Ma come 4 anni? Pensiamo ai casi italiani: nel 2012 Alex Schwazer, trovato positivo all’eritropoietina, viene squalificato per 3 anni e 6 mesi. La sua compagna, Carolina Kostner, viene invece squalificata per 1 anno 4 mesi per complicità e omessa denuncia. Com’è possibile che un caso di doping subisca una pena inferiore rispetto a presunto tentato consumo?

Ma i confronti non finiscono qui: andando a scorrere tra i casi più eclatanti di doping nel nuoto troviamo: nel 2006 Oussama Mellouli che viene trovato positivo all’anfetamina e viene squalificato 1 anno e 6 mesi, mentre nel 2013 Yulija Efimova viene trovata positiva allo steroide deidroepiandrosterone e viene squalificata 1 anno e 4 mesi…

Insomma, la condanna inflitta a Filippo Magnini è 2 volte maggiore rispetto a quella inflitta in passato a nuotatori che sono stati trovati positivi. La condanna sembra essere a tutti gli effetti “esagerata e ridicola”, riprendendo le stesse parole usate da Re Magno.

Le conseguenze

Magnini l’addio al nuoto l’aveva dato ormai un anno fa, ma questa condanna rischia di andare a macchiare la sua carriera, soprattutto agli occhi di chi non prova nemmeno lontanamente ad approfondire la questione. Ecco allora che il nuoto italiano subisce una grave sconfitta, perché Magnini, innocente o presunto tale, era un punto di riferimento, un simbolo, un’autorità. E quando una figura del suo calibro finisce sulle prime pagine dei giornali a fianco di parole come squalifica e doping, a risentirne è tutto il movimento natatorio.

Ci uniamo quindi al messaggio della Federnuoto espresso con un comunicato stampa nella giornata di ieri: “La Federnuoto esprime fiducia negli organi preposti a prevenire, combattere e perseguire il doping. Il percorso giudiziale che coinvolge Filippo Magnini e Michele Santucci ha espresso solo il primo verdetto e potrebbe proseguire. Pertanto la Federnuoto chiede il massimo rispetto nei confronti degli atleti, auspicando che riescano a dimostrare la loro estraneità alla vicenda in ulteriori sedi.”